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Dall’arte alla storia: La Tomba di Agamennone

Vincenzo Paudcie - Micene, Tomba o tesoro di Atreo

La cosiddetta tomba di Agamennone, o “Tesoro di Atreo” è collocata sul fianco della collina di Panagitsa, a circa cinquecento metri dalla cittadella di Micene. Alla tomba, che presenta una volta ogivale, si accede attraverso un dromos, il lungo corridoio scoperto, fiancheggiato da ciclopici blocchi in pietra perfettamente squadrati. Edificata verso il 1250 a.C., un periodo che gli archeologi indicano come Tardo Elladico, risulta essere posteriore a quella “di Egisto e di Clitennestra”collocate tra il XV e il XIV secolo a. C. Prima ancora di giungere davanti al corridoio d’accesso,  impressiona l’enorme collina artificiale che ricopre l’intera struttura funeraria, escludendo naturalmente il corridoio che conduce all’ingresso. In origine l’entrata doveva presentare una porta a doppio battente inserita tra due semicolonne in pietra verde decorate a rilievo. Il triangolo di scarico che si apre al di sopra dell’architrave, anch’esso abbellito con ornamenti a rilievi, doveva trovarsi tra due semicolonne più piccole. Il suo interno è sorprendente: un ambiente circolare il cui diametro supera i 14 m e alto più di 13 m: trentatré anelli di pietre, sovrapposte con sicura perizia, ne garantiscono la stabilità, mentre la superficie, perfettamente levigata, dà l’illusione di un soffitto a volta. La tomba differisce dalle altre per la presenza di una piccola camera laterale all’interno della quale l’archeologo Stamatakis, durante i lavori di scavo eseguiti nel 1876, rinvenne una tomba a fossa. Fuori dalla tholos, un sentiero sterrato permette di raggiungere l’apice della copertura da dove, guardando a Sud e oltre la fertile pianura, si riconosce il profilo della collina Palamidi che s’immerge nel mare.

“… Dopo aver scalato la collina con Giovanna, ritornammo all’auto e riprendemmo per Asiné. In quell’assolato pomeriggio, nonostante mi sentissi stremato dall’incessante frinire delle cicale, quelle stesse che dovettero ispirare Esopo, millenni di storia mi erano passati davanti. E mentre rapidamente superavo le prime case di Argo, con la mente riandavo alle assolate pietre di Micene, quelle – continuavo a ripetere – non erano banali pietre, erano le ossa della Grecia!…”

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